a cura della dott.ssa Barbara Pasini, psicologa psicoterapeuta
Prima della nascita del bambino eravate tra i convinti assertori del “Mai nel lettone!” ma al primo “uè” vi siete fatti intenetire? Oppure siete tra i (pochi) fortunati ad avere un pargolo contento di dormire nel suo lettino?
Da piccoli, nel lettone, ci arrivano nella le braccia dei genitori. Crescendo, poi, vi si infilano da soli. A passi felpati, durante la notte, varcano la soglia della camera matrimoniale e, silenziosi, si infilano nel lettone, dove poi rimangono, felici e soddisfatti, fino al mattino seguente, rigirandosi in continuazione e in tutte le direzioni e conquistando buona parte dello spazio disponibile.
A mamma e papà non resta che rincantucciarsi nei pochi centimetri di materasso che restano liberi, provando disperatamente a ripararsi dal freddo con un lembo di coperta. E mentre tentano inutilmente di riprendere sonno, nella loro mente si fa strada una sola domanda: “lettone sì o lettone no”?
Starò sbagliando, starò concedendo a mio figlio un “vizio” che poi non riuscirò più a togliergli? Oppure sarà giusto così, perché tenerlo accanto a me durante la notte gli infonderà serenità e sicurezza; lo farà sentire più protetto? Dovrò portarlo a forza nel suo lettino e lasciarlo piangete all’infinito?
Oppure dovrò ascoltare il mio senso di colpa e, per farmi perdonare di essere tornata tardi anche questa sera dall’ufficio, lasciarlo dormire tranquillo al mio fianco? Avranno ragione i sostenitori del “dormire insieme”, secondo i quali i bimbi abituati a dormire in compagnia sono più socievoli c più aperti alle novità rispetto ai loro coetanei abituati a riposare da soli? Oppure i fautori del metodo Estevil, che provano a far capire ai piccoli quanto sia bello fare la nanna nel loto lettino attraverso la tecnica del “pianto controllato”?
Appena nato sembra troppo piccolo per lasciarlo dormire tutto solo. Poi cominciano a spuntate i dentini e si tranquillizza solo se ha qualcuno vicino. E quando la mamma riprende a lavorare sono pianti continui, soprattutto la notte, e bisogna consolarlo.
Così dormire in tre nel lettone diventa un’abitudine, che sembra l‘unico modo per assicurarsi qualche ora di sonno. Ma è giusto o no far dormire il bambino nel letto matrimoniale? Per la maggior parte degli psicologi dell’infanzia, condividere il lettone è negativo solo quando diventa un’abitudine, perché non aiuta il piccolo a trovate una sua autonomia. In questo caso si crea un circolo vizioso: mamma e papà si sentono in colpa se rifiutano di accogliere il bambino, e più lui avverte questa debolezza, più diventa insistente.
Ci sono però dei momenti in cui il bambino ha più bisogno di stare vicino ai genitori, per esempio in situazioni particolari, come un trasloco, una nuova baby sitter, l’inserimento all’asilo. Trascorsa qualche notte che gli permetterà di fare rifornimento di coccole, tutto deve tomate come prima… Se il lettone invece è un’abitudine consolidata, convincerlo a rimanere nella sua stanza non è facile e bisogna mettere in conto una buona dose di capricci. Se il piccolo avverte la determinazione di mamma e papà e capisce che nessuno dei due è disposto a cedere, dopo qualche notte in lacrime si convincerà.
Per aiutarlo si può lasciare una piccola luce accesa. Un oggetto, una sciarpa, una maglia di mamma o papà possono essere delle soluzioni semplici, ma molto efficaci se si mettono in funzione come oggetto di passaggio tra i genitori: l’investimento affettivo da parte dei genitori porta il bambino a crederci veramente in quella funzione magica di protezione a distanza e si rassicura che tutto andrà bene.
Oppure, se ha già due o tre anni, mettere nella sua stanza un pesciolino e spiegargli che l’animaletto ha bisogno della sua compagnia. Così si sentirà importante e soprattutto capirà che i genitori hanno fiducia in lui, nella sua capacità di riuscire a dormire nella sua stanza.
E’ importante che ogni bambino abbia uno spazio per sé, nella famiglia: prima di tutto come persona, nella mente dei genitori, che ne riconoscono l’unicità, l’individualità. Un riconoscimento che trova una conferma concreta nello spazio fisico che si ritaglia per lui nell’ambiente familiare: un luogo separato che lo aiuti ad elaborare a poco a poco la sua autonomia dalla coppia dei genitori.
Ma i bambini non sembrano affatto apprezzare questa notturna separazione, che vivono spesso nel segno della solitudine, del distacco, dell’esclusione. E per molti genitori è difficile resistere al loro pianto, alle loro suppliche.
Ma se il bambino insiste per essere portato nel lettone, spesso è perché è questa la risposta che ha ricevuto al suo pianto. A volte non c’è neppure bisogno che il bambino insista tanto. Sono gli stessi genitori, oppure uno o l’altro dei due, che quasi senza accorgersene danno ala figlio questa abitudine, prevenendo così le sue richieste.
A volte questa è per la coppia una buona scusa per rimandate i problemi che possono arrivare dalla nascita di un bambino, come per esempio la difficile ripresa della sessualità, da parte di uno o di un altro dei due coniugi. Il bambino nel lettone offre un alibi per rinunciare ad un’intimità difficile da gestire, evitando il sorgere di possibili discussioni.
Verso i tre anni è ancora più importante mantenere questo limite attivo, perché nel bambino inizia ad arrivare la curiosità di sapere cosa succede nella camera dei genitori, scoprire i loro segreti sull’onda di una nuova curiosità che nasce dalla scoperta delle differenze sessuali e dalle prime fantasie infantili sulla nascita dei bambini. Per il bambino è necessario sapere perché i genitori lo escludono dal loro legame e il perché di tanto mistero. Sono domande confuse che affiorano in ogni bambino e che lo spingono ad intrufolarsi nel lettone anche se fino a quel momento non lo aveva mai fatto prima. Qui, ancora di più che in altri momenti, è importante lavorare per offrire un “no” al bambino: la coppia genitoriale ha la sua sfera di intimità (anche al di là del rapporto sessuale) che deve essere protetta, soprattutto a questa età del bambino.
I bimbi a quest’età scoprono sentimenti nuovi: gelosia, possesso, rivalità. Mostra i suoi primi desideri e le prime fantasie, in questo momento è abbastanza tipico che il bambino inizi a chiedere alla madre di sposarlo o a comunicare che da grande lo vorrà fare. .. e così farà la bambina verso il padre… tutto questo il bambino lo elabora sul piano della fantasia e dell’immaginazione ed è molto importante che i genitori stiano al gioco, ma senza consolidare queste fantasie con la realtà.
Di fronte a tutto questo le fatiche del mantenere queste regole sono enormi per i genitori e se a volte facciamo qualche eccezione alla regole non succede nulla, anzi per il bambino è importante perché sperimenta una possibilità di vincere qualche piccola battaglia e acquisisce sicurezza sulle sua capacità di farcela.
L’importante è che l’eccezione non diventi la regola.
E’ proprio per questa ragione, che sta sera siamo qui tutti insieme a discutere, a confrontarci, a parlarne: genitori, insegnanti, esperti, perché possiamo provare a ripensare alle nostre fatiche in questo difficile mestiere dell’essere genitore non tanto per avere delle risposte, perché non ce ne sono, ma per scoprire insieme qualche nuova strategia possibile e sorridere insieme delle difficoltà incontrate, in modo che possano diventare anche più leggere e sopportabili.